Sembrava un giovedì come tanti altri per il mercato delle criptovalute. Il 10 ottobre, l’ottimismo regnava sovrano. Bitcoin si manteneva saldamente sopra i 121.700 dollari, sostenuto da un flusso costante di capitali istituzionali e dalla notizia che persino il fondo sovrano del Lussemburgo aveva deciso di investire in ETF sulla criptovaluta. Ethereum seguiva a ruota, scambiando intorno ai 4.373 dollari. L’aria era quella di “Uptober”, il termine con cui gli investitori definiscono il mese di ottobre, storicamente positivo per il settore. Ma la calma era solo apparente.  

Nel tardo pomeriggio, una notizia da Washington ha squarciato il velo di tranquillità. Il Presidente Donald Trump ha annunciato l’imposizione di nuovi e pesanti dazi doganali sui paesi esteri. L’annuncio, pur non riguardando direttamente le criptovalute, ha agito come un detonatore. Ha creato un cortocircuito narrativo per un mercato che aveva prezzato un’amministrazione Trump “amica delle cripto”, soprattutto dopo la promessa di creare una “Riserva Strategica” di asset digitali per gli Stati Uniti. Improvvisamente, la retorica pro-business si è scontrata con una politica protezionista, scatenando un’ondata di vendite dettata dal panico.  

La reazione è stata immediata e devastante. In poche ore, la capitalizzazione totale del mercato cripto è evaporata, con una perdita stimata di 370 miliardi di dollari. Bitcoin, il barometro del settore, è precipitato, crollando di oltre il 15% e toccando minimi caotici tra i 103.000 e i 93.000 dollari, a seconda delle piattaforme di scambio.  

Se Bitcoin ha sofferto, per le altre criptovalute è stata una carneficina. Ethereum ha perso il 22% del suo valore, mentre XRP è crollato di un impressionante 33%. La velocità della caduta è stata amplificata da una cascata di liquidazioni forzate: circa 20 miliardi di dollari in posizioni con leva finanziaria sono stati spazzati via, alimentando un circolo vizioso di vendite automatiche.  

I giorni successivi, l’11 e il 12 ottobre, non hanno portato a un recupero deciso, ma a uno stallo volatile. Bitcoin ha tentato un rimbalzo, stabilizzandosi oggi intorno ai 111.500 dollari, un livello che segna una profonda ferita ma che rimane al di sopra dei minimi del crollo. Il mercato è ora spaccato. Da un lato, ci sono analisti che vedono questo come l’inizio di una correzione più profonda, con possibili target a 95.000 dollari. Dall’altro, molti investitori a lungo termine hanno visto l’evento come un’opportunità di acquisto, come dimostrano i dati sugli afflussi negli ETF, che sono rimasti sorprendentemente forti per tutta la settimana.  

Queste 72 ore di caos hanno insegnato una lezione fondamentale: il mondo delle criptovalute non è più un’isola felice. È un mercato maturo, pienamente integrato nell’economia globale e, come tale, vulnerabile ai venti della geopolitica. La grande domanda ora è se la forza dell’adozione istituzionale a lungo termine riuscirà a prevalere sul rumore e l’incertezza della politica a breve termine.