
Kiev – Le sirene antiaeree hanno squarciato la notte del 10 ottobre 2025, segnando l’inizio di uno degli attacchi più violenti e coordinati sulla capitale ucraina dall’inizio del conflitto. Per ore, la città è stata martellata da un assalto “massiccio”, come definito dalle autorità locali, che ha combinato ondate di droni kamikaze e missili da crociera e balistici, lasciando dietro di sé una scia di distruzione e morte.
L’anatomia di un assalto coordinato
L’attacco ha seguito una strategia precisa, mirata a sopraffare le difese aeree della capitale. La prima ondata è stata composta da centinaia di droni di tipo Shahed, lanciati per saturare i sistemi di difesa. Analisti militari suggeriscono che molti di questi velivoli senza pilota fossero “esche”, versioni economiche senza testata esplosiva, il cui unico scopo era costringere la contraerea ucraina a consumare i preziosi missili intercettori forniti dall’Occidente, in una brutale guerra di logoramento economico.
Subito dopo, con le difese distratte e parzialmente esaurite, è seguita la pioggia di missili, più veloci e potenti, diretti contro obiettivi strategici e, tragicamente, contro aree densamente popolate. All’alba, Kiev ha contato le sue ferite: un grattacielo residenziale sventrato, edifici in fiamme e crateri nelle strade. Gli obiettivi colpiti rivelano una duplice strategia russa: da un lato, le infrastrutture critiche, come le centrali energetiche, per paralizzare il paese in vista dell’inverno ; dall’altro, il deliberato bombardamento di obiettivi civili per terrorizzare la popolazione. Sebbene un bilancio definitivo sia ancora in fase di elaborazione, raid di simile intensità hanno causato in passato tra le 16 e le 31 vittime in una sola notte, con un numero straziante di bambini tra i morti e i feriti.
Un messaggio di fuoco nel contesto globale
Questo attacco non può essere letto come un evento isolato. Arriva in un momento di altissima tensione, mentre sul fronte del Donbass la guerra di logoramento continua con lenti ma costanti avanzamenti russi. Ma il fattore scatenante più probabile sembra essere di natura politico-militare.
Nei giorni scorsi, a Washington si è intensificato il dibattito sulla possibile fornitura all’Ucraina di missili da crociera a lungo raggio Tomahawk, armi che permetterebbero a Kiev di colpire in profondità il territorio russo. La reazione di Mosca non si è fatta attendere: già il 7 ottobre, il Cremlino aveva definito tale fornitura una “grave escalation” che avvicinerebbe uno scontro diretto con la NATO. L’attacco del 10 ottobre appare quindi come la brutale risposta non verbale di Mosca: un avvertimento violento inviato alla Casa Bianca, usando la distruzione di Kiev come leva per influenzare le decisioni occidentali sulla fornitura di armi.
L’assalto si inserisce inoltre in un ciclo di “botta e risposta”. Negli ultimi mesi, l’Ucraina ha aumentato i suoi attacchi contro raffinerie e basi militari in Russia, causando danni significativi all’economia di guerra di Mosca. La Russia, a sua volta, ha risposto a ogni colpo subito con rappresaglie sempre più dure contro le città ucraine.
Le reazioni di un mondo diviso
La comunità internazionale ha reagito in modo frammentato. I leader europei, dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen alla Premier italiana Giorgia Meloni, hanno condannato unanimemente l’attacco come un “crimine deliberato” e un atto “brutale” contro i civili, convocando gli ambasciatori russi.
La posizione degli Stati Uniti, sotto l’amministrazione Trump, appare più complessa. Da un lato, Washington continua a essere il principale fornitore militare di Kiev, autorizzando anche attacchi a lungo raggio in territorio russo. Dall’altro, il Presidente Trump è impegnato in un dialogo diretto con Vladimir Putin per raggiungere un “accordo di pace globale”. La reazione ufficiale della Casa Bianca è stata di cautela: il Presidente si è detto “non felice, ma non sorpreso” dagli eventi, una formula che suggerisce la volontà di non compromettere il canale diplomatico con Mosca.
Questa divergenza tra la ferma condanna europea e la pragmatica diplomazia americana evidenzia una frattura che la Russia sa come sfruttare. Mentre Kiev conta i suoi morti, la guerra si combatte non solo sul campo, ma anche sui tavoli di una geopolitica sempre più instabile, dove il destino dell’Ucraina sembra essere deciso in un dialogo a due tra Washington e Mosca, lasciando l’Europa in una posizione di crescente ansia e marginalità.