Washington – “Non preoccupatevi per la Cina”. Con questo messaggio, diffuso via social media la mattina del 12 ottobre, il Presidente Donald Trump ha tentato di calmare le acque in una tempesta economica globale che la sua stessa amministrazione aveva scatenato. Ma dietro le parole rassicuranti si cela una realtà di ostilità senza precedenti, che ha bruciato 1.65 trilioni di dollari sui mercati azionari statunitensi in poche ore e ha spinto il mondo sull’orlo di una guerra tecno-economica totale.  

L’Escalation di Ottobre

La crisi è esplosa il 10 ottobre, quando Trump ha reagito con furia a una mossa strategica di Pechino. Il giorno precedente, la Cina aveva annunciato un drastico inasprimento dei controlli sulle esportazioni di “terre rare”, un gruppo di 17 metalli indispensabili per quasi ogni tecnologia moderna, dai motori delle auto elettriche ai sistemi di guida dei missili. Defininendo la mossa cinese un “atto ostile” e una “disgrazia morale”, Trump ha minacciato una ritorsione senza precedenti: un dazio aggiuntivo del 100% su tutte le merci cinesi a partire dal 1° novembre, oltre a controlli sull’esportazione di software critico.  

La reazione dei mercati è stata immediata e brutale. Wall Street ha vissuto la sua peggior seduta da aprile, con l’indice S&P 500 in caduta del 2,7% e l’indice della paura, il VIX, schizzato del 25%. La risposta ufficiale di Pechino è arrivata il 12 ottobre, ferma e decisa: accusando Washington di “doppi standard”, il Ministero del Commercio ha dichiarato: “Non vogliamo una guerra tariffaria, ma non abbiamo paura di combatterla”.

La Mossa delle Terre Rare: la Morsa di Pechino

Il vero fulcro del conflitto si è spostato dai dazi al controllo delle risorse. Le terre rare sono il tallone d’Achille dell’Occidente. Sebbene non siano geologicamente rare, la Cina controlla oltre il 90% della loro raffinazione, un quasi-monopolio costruito in decenni di strategia industriale. Limitandone l’export, Pechino non sta solo rispondendo ai dazi, ma sta usando la sua leva più potente per mettere in crisi le catene di approvvigionamento globali.  

Settori come la difesa, la tecnologia verde (turbine eoliche, veicoli elettrici) e l’elettronica di consumo sono ora in ostaggio. La mossa cinese trasforma la disputa da una guerra sui prezzi a una lotta per l’accesso fisico ai materiali essenziali per l’economia del XXI secolo.

Impatto Globale e Gelo Diplomatico

Le conseguenze di questa escalation vanno ben oltre la volatilità dei mercati. Un dazio del 100% si tradurrebbe in una tassa massiccia sui consumatori americani, innescando un’impennata dell’inflazione su tutto, dall’elettronica all’abbigliamento. Le aziende, già sotto pressione, sarebbero costrette a rinegoziare intere catene produttive, un processo che richiede anni e costi enormi.  

Sul fronte diplomatico, il dialogo è congelato. L’incontro tra Trump e il Presidente Xi Jinping, previsto a margine del vertice APEC in Corea del Sud, è ora in forte dubbio, con lo stesso Trump che ha messo in discussione la sua utilità. Senza un canale di comunicazione ad alto livello, le possibilità di una de-escalation si riducono drasticamente.  

Mentre il mondo osserva con il fiato sospeso la scadenza del 1° novembre, una cosa è chiara: la natura del conflitto è cambiata. Non si tratta più solo di bilance commerciali, ma di una lotta per la supremazia tecnologica e il controllo delle risorse. L’era della globalizzazione integrata sembra finita, lasciando il posto a un futuro più frammentato, competitivo e incerto.