5 Ottobre 2025 – Il mercato delle materie prime segnala una crescente crisi di fiducia sistemica, con l’Oro che si proietta verso vette storiche mentre il cartello petrolifero OPEC+ mostra preoccupanti segni di frattura. Se il metallo giallo è il barometro della paura fiscale e geopolitica, il petrolio ne è la vittima immediata, prezzando un potenziale eccesso di offerta che minaccia la stabilità energetica globale.

Oro: Previsioni Estreme e L’Assalto delle Banche Centrali
L’Oro sta superando i tradizionali range ciclici, spinto non solo dall’inflazione, ma soprattutto dall’incertezza economica e dalla potenziale svalutazione delle valute. Le previsioni delle grandi banche d’investimento riflettono questa convinzione: UBS ha recentemente alzato il suo target per l’Oro, stimando che possa raggiungere i 4.200 dollari l’oncia entro la metà del 2026. Parallelamente, Goldman Sachs prevede un prezzo di 4.000 dollari entro lo stesso periodo.
Il catalizzatore principale dietro questa corsa non sono solo gli investitori privati, ma le banche centrali.
–Acquisti Record: Negli ultimi tre anni, le riserve auree sono state accumulate a ritmi superiori alle 1.000 tonnellate annue, ben al di sopra della media decennale.
–Segnale di Sfiducia: Un recente sondaggio indica che il 43% delle banche centrali prevede di aumentare le proprie riserve nei prossimi 12 mesi—il dato più alto dal 2018.
Questo accumulo sistemico è interpretato dagli analisti come un chiaro segnale di sfiducia istituzionale nella stabilità del dollaro e nella disciplina fiscale occidentale, soprattutto in un contesto di crescenti deficit pubblici. L’Oro, in questa chiave di lettura, è diventato l’ultima copertura contro il rischio sistemico.
Petrolio: La Frattura tra Mosca e Riad Affonda i Prezzi
Mentre l’Oro vola grazie all’instabilità, il mercato del petrolio è in forte sofferenza a causa delle dinamiche interne al cartello OPEC+. I prezzi del Brent Crude, pur in leggero rialzo nella giornata del 3 ottobre 2025 a 64,53 dollari al barile, e del WTI a 60,88 dollari, erano diretti verso una pesante perdita settimanale superiore al 7%.
La volatilità è interamente dovuta all’aspettativa di un eccesso di offerta, generato dalle divergenze tra i membri principali:
–Aumento Imminente: Otto produttori hanno già iniziato a rimuovere 1,65 milioni di barili di tagli volontari, con un aumento di 137.000 barili al giorno previsto per ottobre.
–La Spinta Saudita: Circolano rumors secondo cui l’Arabia Saudita starebbe spingendo per un aumento di produzione molto più corposo, fino a 500.000 barili al giorno a novembre.
Questa mossa saudita, volta a riconquistare quote di mercato, segna una potenziale rottura nella coesione dell’OPEC+ e preannuncia una vera e propria lotta al ribasso sui prezzi, una strategia non vista dal 2020. La Russia, gravata dalla necessità di massimizzare i ricavi per finanziare le sue priorità statali e mitigare le sanzioni, si trova in una posizione complessa all’interno del cartello.
Secondo l’U.S. Energy Information Administration (EIA), l’aumento della produzione OPEC+ è destinato a creare un significativo eccesso di scorte, con un aumento medio di oltre 2 milioni di barili al giorno (b/d) nei prossimi trimestri. L’EIA prevede che, a causa di questo surplus, il prezzo del Brent Crude possa scendere drasticamente fino a una media di soli 51 dollari al barile nel 2026.
Un crollo dei prezzi del petrolio a questi livelli metterebbe a dura prova la redditività dei produttori di shale statunitensi, il cui costo totale di pareggio (all-in cost) si aggira tra 56 e 66 dollari al barile. L’EIA stima che la produzione USA subirà un calo di circa l’1% nel 2026.
Conclusioni: L’Equazione Interdipendente
Il mercato sta prezzando un paradosso: l’instabilità geopolitica che spinge Riad a sfidare Mosca sui volumi di petrolio, innescando il ribasso del greggio, è la stessa instabilità che alimenta la domanda insaziabile di Oro da parte delle banche centrali. L’Oro a $4.200 è il costo implicito del rifugio in un sistema finanziario globale sempre più frammentato, dove la disunione energetica (Petrolio) e la sfiducia fiscale (Oro) viaggiano a braccetto, rendendo il panorama delle materie prime un terreno minato per i prossimi anni.