Roma, 14 Novembre 2025 — La Legge di Bilancio 2026 è a un bivio e la soluzione per sbloccare i nodi politici e finanziari potrebbe arrivare da un’inattesa risorsa: l’oro fisico detenuto dagli italiani. Con il pressing congiunto di Lega e Forza Italia, che chiedono di cancellare misure fiscali controverse, l’esecutivo sta valutando l’introduzione di un meccanismo di rivalutazione agevolata per i lingotti e le monete d’oro, una mossa che, secondo le prime stime, potrebbe portare nelle casse dello Stato fino a 2 miliardi di euro.  

Un Tesoretto per Scongiurare Aumenti

Il dibattito sulla Manovra si è fatto teso a causa della necessità di trovare coperture finanziarie che evitino impatti negativi su specifiche categorie di contribuenti. In particolare, il gettito derivante dalla rivalutazione dell’oro verrebbe utilizzato per neutralizzare due misure precedentemente ipotizzate e fortemente contestate: l’incremento della tassazione sui dividendi e l’aumento della cedolare secca al 26% per gli affitti brevi.  

Il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti al Senato è fissato per oggi, 14 novembre, rendendo imminente la decisione finale del Governo.  

Come Funzionerebbe la “Tassa” sull’Oro

Tecnicamente, non si tratta di una nuova tassa sul possesso, ma di una procedura di rivalutazione fiscale mirata all’oro da investimento (lingotti, placchette e monete) sprovvisto di documentazione d’acquisto.  

Attualmente, chi vende oro senza poter dimostrare il costo iniziale rischia di pagare l’aliquota ordinaria del 26% sull’intero valore di cessione. La proposta, supportata in Commissione Bilancio, prevede invece che i detentori possano regolarizzare il proprio oro “sommerso” (stimato tra i 133 e i 166 miliardi di euro di valore complessivo ) aderendo a una sanatoria con un’aliquota agevolata del 12,5%.  

L’adesione a questa rivalutazione entro il 30 giugno 2026 stabilirebbe un nuovo valore fiscale di riferimento. Pagando il 12,5% su tale valore rivalutato, il contribuente azzererebbe la potenziale plusvalenza storica, garantendo che future vendite siano tassate solo sull’effettivo guadagno generato da quel momento in poi.  

Rischio e Reazioni

L’obiettivo di raccolta, che si aggira intorno ai 2 miliardi, dipende strettamente da un tasso di adesione stimato al 10% del capitale non documentato. Tuttavia, alcuni analisti mettono in guardia sul rischio di esecuzione: sebbene il 12,5% sia molto più conveniente del 26% sull’intero ricavo, l’aliquota è quasi il doppio del costo di legalizzazione implicito (stimato intorno al 6,5% sul ricavo totale) che il Fisco aveva di fatto tollerato in passato.  

Se l’aliquota del 12,5% venisse percepita come eccessiva, i detentori di capitale potrebbero cercare strade alternative o, più semplicemente, mantenere l’oro inerte, facendo fallire l’obiettivo di gettito rapido e costringendo il Governo a rimettere mano alle misure fiscali più indigeste. Il successo di questa mossa dipenderà, in ultima analisi, dalla capacità del Governo di rendere l’emersione del tesoretto aureo un’opzione percepita come la più sicura e conveniente.