ROMA. 30 settembre 2025 – L’Italia tira il fiato, ma non può ancora considerarsi fuori pericolo. I dati preliminari sull’inflazione diffusi dall’Istat il 30 settembre 2025 hanno mostrato un indice nazionale dei prezzi al consumo (NIC) su base annua invariato rispetto ad agosto, confermandosi a un rassicurante +1,6% . Il dato è risultato leggermente inferiore alle attese degli analisti, che si aspettavano un lieve rialzo a +1,7%.Questa stabilità, che a prima vista potrebbe sostenere l’ottimismo, nasconde in realtà una complessa compensazione di dinamiche opposte all’interno del carrello della spesa.

Sebbene l’indice generale sembri sotto controllo, l’Istat sottolinea che la tregua è il risultato di “andamenti differenziati dei diversi aggregati di spesa”, suggerendo che le pressioni sui costi stanno semplicemente migrando su altri fronti.

Il segnale d’allarme dall’inflazione di fondo

Per la Banca Centrale Europea (BCE) e i mercati, l’indicatore più importante è l’Inflazione Core (di fondo), che esclude le componenti più volatili come energia e alimentari freschi, misurando le pressioni di prezzo più strutturali legate a servizi e salari. E proprio qui si registra la nota più dolente: l’inflazione Core è rimasta stabile, mantenendosi elevata al +2,1% per il secondo mese consecutivo.

La persistenza di questo dato al di sopra dell’obiettivo del 2% fissato dalla BCE è un chiaro sintomo di rigidità nei prezzi domestici. L’inflazione acquisita per l’indice di fondo per l’intero 2025 si attesta al +2% .

Energia: la deflazione si attenua rapidamente

Il fattore che ha giocato a favore dell’indice generale è stato il rallentamento della deflazione sui beni energetici. Sebbene i prezzi dell’energia siano ancora in territorio negativo su base annua, la flessione si sta riducendo rapidamente.

A settembre, la variazione annuale dei prezzi energetici totali è migliorata, passando da un -4,8% di agosto a -3,7%. Questo rimbalzo è stato particolarmente evidente negli energetici regolamentati (che sono accelerati da +12,9% a +14,0%) e negli energetici non regolamentati (la cui flessione si è ridotta da -6,3% a -5,2%).

Questo trend è un campanello d’allarme cruciale per il quarto trimestre: il beneficio dei prezzi energetici in calo, che ha tenuto a bada l’inflazione complessiva, si sta esaurendo. Un potenziale shock sui mercati delle materie prime potrebbe invertire rapidamente la rotta.

Carrello della spesa: i lavorati accelerano

Anche il cosiddetto “carrello della spesa” (beni alimentari, per la cura della casa e della persona) mostra dinamiche contrastanti:

-Il settore nel complesso è lievemente decelerato, passando da +3,4% ad agosto a +3,2% a settembre.

-I prezzi degli alimentari non lavorati (frutta e verdura, molto sensibili al clima) hanno rallentato significativamente dal +5,6% al +4,8%.

-Viceversa, i prezzi degli alimentari lavorati hanno mostrato una leggera accelerazione, passando da +2,7% a +3,0%.

L’accelerazione nei beni lavorati, in concomitanza con la rigidità dell’inflazione Core, conferma che i costi di produzione (manodopera, logistica, energia) continuano a essere trasferiti lentamente ma inesorabilmente sul consumatore finale.

Il dilemma della BCE: tassi invariati

Il dato italiano di +1,6% contribuisce ad amplificare la divergenza inflazionistica all’interno dell’Eurozona, creando un forte dilemma per la Banca Centrale Europea, che ha mantenuto i tassi d’interesse invariati a settembre .

Mentre l’Italia si attesta su livelli di inflazione contenuti, la Spagna ha visto un’accelerazione significativa, con l’indice armonizzato che ha toccato il +3,0% su base annua a settembre.

Questa polarizzazione — Italia all’1,6% contro Spagna al 3,0% — rende molto difficile la decisione per Francoforte. Il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva già auspicato una rapida riduzione dei tassi d’interesse, dichiarando che l’inflazione nel Paese sembra “sotto controllo”. Tuttavia, l’inflazione Core al 2,1% in Italia e l’accelerazione dei prezzi in altre economie chiave dell’Eurozona rendono un taglio dei tassi nel breve termine improbabile, mantenendo una politica monetaria che per Roma appare restrittiva e che ostacola una crescita del PIL prevista attorno allo 0,6% nel 2025 .

In sintesi, la stabilità dell’inflazione italiana a settembre è un sollievo apparente. Il vero banco di prova sarà il prossimo trimestre, dove la persistente inflazione Core e il quasi esaurimento dell’effetto calmierante dell’energia potrebbero spingere l’indice generale nuovamente verso l’alto, intensificando le pressioni su famiglie e imprese in un contesto di crescita economica lenta


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