Il Bivio Clima: Scienza e Sabotaggio Politico
Il dibattito globale sul clima ha raggiunto un punto di non ritorno, non solo per ragioni scientifiche, ma per l’irrompere di una dottrina politica sistematica che mira al disimpegno. Da un lato, la comunità scientifica lancia appelli urgenti in un anno — il 2024 — registrato come il più caldo dell’ultimo decennio in Europa, segnato da caldo persistente, alluvioni e incendi. Dall’altro, l’amministrazione di Donald Trump, subentrata nel 2025, ha formalizzato il secondo ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi.
Trump ha esortato apertamente i paesi ad abbandonare la lotta al clima, definendo l’azione ambientale e l’energia rinnovabile una “truffa unilaterale” , e sostenendo che l’alto costo della “cosiddetta energia verde rinnovabile” sta “distruggendo gran parte del mondo libero”. Questa retorica non è solo una posizione politica, ma è supportata da una strategia di sabotaggio istituzionale profondo.

L’Urgenza dei Punti di Non Ritorno
Mentre la politica rallenta, la crisi climatica accelera. La temperatura globale ha già superato di circa 1.2°C i livelli preindustriali, e le proiezioni indicano che la soglia cruciale di 1.5°C potrebbe essere raggiunta tra il 2026 e il 2042. Superare questa soglia innesca i temuti Punti di Non Ritorno (Tipping Points), cambiamenti critici e spesso irreversibili nel sistema terrestre.
Tra i sistemi a rischio imminente ci sono lo scioglimento della Calotta Glaciale della Groenlandia e del Permafrost (con conseguente massiccio rilascio di gas serra), e l’alterazione della Circolazione Oceanica Atlantica (AMOC). Il ritiro statunitense da Parigi, la cui uscita formale è prevista per gennaio 2026 , si scontra quasi perfettamente con l’inizio di questa finestra di massima criticità scientifica.
Il Piano di Smantellamento Istituzionale (Project 2025)
L’opposizione di Trump va oltre la diplomazia. Il piano interno, noto come Project 2025, traccia una rotta per smantellare l’intera impalcatura scientifica e normativa statunitense.
Questa dottrina del “negazionismo di sistema” mira a:
- Smembrare le Agenzie: Attaccare agenzie chiave come la NOAA e l’EPA, proponendo tagli significativi ai fondi per la ricerca climatica e imponendo analisi del rischio meno protettive.
- Censura Scientifica: Cancellare parole chiave come “clima”, “diversità” e “inclusione” dai testi pubblici e annullare le sovvenzioni percepite come “ideologiche”.
- Ritiro Finanziario: Cancellare gli 11 miliardi di dollari promessi per l’adattamento nei Paesi vulnerabili e ritirare i finanziamenti da organismi chiave come il Green Climate Fund.
Il Costo dell’Inazione
La base economica della dottrina anti-clima è la pretesa che la transizione energetica sia insostenibile. Tuttavia, i dati dimostrano il contrario: il costo dell’inerzia climatica supera di gran lunga gli investimenti necessari per la sostenibilità.
Eventi recenti, come gli uragani Milton ed Helene negli Stati Uniti (oltre 100 miliardi di dollari di danni) e gli incendi di Los Angeles (250 miliardi di dollari di danni) , dimostrano che l’inazione si traduce in una crescente vulnerabilità finanziaria sistemica.
La Reazione Globale: Consolidamento
Nonostante l’azione degli Stati Uniti, il momentum globale non è paralizzato. L’Unione Europea ha ribadito che “manterrà la rotta” su Parigi , e paesi chiave come Cina e Canada hanno riaffermato i loro impegni.
L’assenza della principale potenza riluttante potrebbe, paradossalmente, spingere il resto del mondo a costruire una nuova architettura climatica più coesa e meno centralizzata. Questo include la possibile accelerazione dei “Climate Clubs,” che imporrebbero tariffe sul carbonio (come il CBAM europeo) ai paesi non aderenti, trasformando il free-riding statunitense in un costo economico tangibile e incentivando un futuro rientro.
Il bivio è chiaro: o il sabotaggio politico rallenterà l’inevitabile azione, o l’urgenza scientifica e il rischio economico spingeranno la comunità internazionale verso una risposta collettiva ancora più determinata.