BERLINO – Il rombo del motore tedesco, per un secolo simbolo di potenza e affidabilità, oggi è un colpo di tosse. In un clima da resa dei conti, il Cancelliere Friedrich Merz ha convocato per oggi, 9 ottobre, un vertice di emergenza per salvare l’industria automobilistica, il cuore pulsante dell’economia nazionale. Sul tavolo, non ci sono solo bilanci in rosso e posti di lavoro a rischio, ma il futuro stesso del “Made in Germany” in un mondo che ha già innestato la marcia elettrica.

La tempesta perfetta: transizione tardiva e concorrenza cinese
L’industria che ha dato al mondo Volkswagen, BMW e Mercedes è finita in una “tempesta perfetta”. Per anni ha “dormito durante il passaggio alla mobilità elettrica” mentre Tesla e i nuovi colossi cinesi investivano sull’elettrico. Ora si ritrova a inseguire, con modelli a batteria spesso troppo costosi e tecnologicamente inferiori nel software e nell’infotainment. A questo ritardo strategico si aggiungono costi di produzione schiaccianti in Germania, tra energia e manodopera , e la concorrenza spietata dalla Cina. Marchi come BYD, sostenuti da massicci aiuti statali, non solo hanno conquistato il loro mercato interno, un tempo miniera d’oro per i tedeschi, ma ora sbarcano in Europa con veicoli innovativi e a basso costo.
Posti di lavoro a rischio, futuro incerto
Le conseguenze sono già tangibili e drammatiche. Volkswagen e il gigante della componentistica Bosch hanno annunciato tagli per decine di migliaia di posti di lavoro. I profitti crollano e, per la prima volta, si parla di chiudere stabilimenti in patria, un tabù fino a ieri.
La battaglia politica sul futuro del motore a scoppio
Il vertice di Berlino si apre con una politica profondamente spaccata. Il pomo della discordia è il divieto europeo di vendere auto a benzina e diesel dal 2035. Il partito del Cancelliere, la CDU, vuole cancellarlo in nome della “neutralità tecnologica”, mentre gli alleati socialdemocratici della SPD lo difendono strenuamente. Si discute di nuovi incentivi statali per le auto elettriche, ma l’opinione pubblica è scettica verso ulteriori aiuti alle grandi aziende.
L’onda d’urto in Europa
La crisi tedesca non è un problema solo tedesco. Le sue onde d’urto si propagano in tutta Europa, colpendo duramente la filiera italiana della componentistica, strettamente legata agli ordinativi dalla Germania. Paradossalmente, questa crisi condivisa ha portato ad una nuova protesta politica: Roma e Berlino hanno scritto insieme a Bruxelles per chiedere un “cambio di rotta” e una revisione delle “gabbie ideologiche del Green Deal”, segnalando una crepa nel fronte della transizione verde europea.
Una scelta esistenziale per il “Made in Germany”
Le decisioni prese oggi a Berlino avranno un peso enorme. I leader politici e industriali sono davanti a una scelta esistenziale: tentare di proteggere il glorioso passato del motore a combustione, rischiando un lento declino, o scommettere tutto, con costi e sacrifici enormi, su un futuro elettrico in cui la Germania, per ora, non è più la locomotiva, ma un’inseguitrice. La risposta deciderà se il rombo del motore tedesco tornerà a essere un segno di potenza o il ricordo di un’epoca tramontata.