Se le recenti oscillazioni del Nasdaq vi hanno fatto temere che la festa dell’Intelligenza Artificiale sia finita, gli analisti di UBS hanno un messaggio in controtendenza: non siamo alla fine, ma solo all’inizio di una nuova fase. Secondo il colosso svizzero, il “rally” dell’IA ha ancora molta strada da fare, ma cambierà pelle, spostandosi dai soli chip all’energia e alle infrastrutture reali.

I principali punti dell’analisi del colosso bancario svizzero
1. Non chiamatela “Bolla” Il fantasma che aleggia sui mercati è quello del 2000. Ma i numeri, secondo UBS, raccontano una storia diversa. Al picco delle dot-com, le aziende tecnologiche scambiavano a 70 volte gli utili attesi; oggi siamo intorno a 30 volte. La differenza fondamentale sta nei soldi veri: mentre le start-up del 2000 bruciavano cassa e si finanziavano con debiti tossici (il “vendor financing” superava il 120% degli utili), i giganti di oggi come Microsoft e Google sono macchine da guerra finanziarie. UBS stima che l’80-90% dei loro immensi investimenti sia coperto direttamente dai flussi di cassa operativi, senza bisogno di indebitarsi pericolosamente.
2. Una fame di infrastrutture da 1.300 miliardi La tesi rialzista si basa su un dato impressionante: la spesa in conto capitale (Capex) per l’IA non sta rallentando. UBS prevede che nel 2026 gli investimenti globali in infrastrutture AI toccheranno i 571 miliardi di dollari (+35% rispetto al 2025), per arrivare alla cifra astronomica di 1.300 miliardi di dollari l’anno entro il 2030. Non sono soldi spesi nel vuoto: le aziende stanno già vedendo ritorni. Meta, ad esempio, ha aumentato il ricavo per dipendente del 64% in due anni grazie all’efficienza dell’IA.
3. Il vero collo di bottiglia: l’Energia Se nella prima fase hanno vinto i produttori di chip (come NVIDIA), la prossima sfida si giocherà sulla corrente elettrica. I data center sono voraci: si stima che entro il 2035 consumeranno il 9% di tutta l’elettricità degli Stati Uniti (contro il 4% attuale). Come ha avvertito il CEO di Microsoft, il rischio non è la mancanza di chip, ma “avere chip in magazzino che non possiamo accendere”. Questo apre un’enorme opportunità per il settore “Power and Resources”: utility, reti elettriche e persino il nucleare diventeranno asset strategici indispensabili per sostenere la rivoluzione digitale.
4. La visione italiana: più Robot, più Tempo Libero Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS per l’Italia, offre una prospettiva che va oltre la finanza. Se l’IA automatizzerà circa un terzo delle attività lavorative, questo potrebbe tradursi in una storica liberazione di tempo umano, simile a quanto avvenuto con la settimana lavorativa di 40 ore nel dopoguerra. Chi ne beneficerà? I settori legati all’esperienza: turismo, sport e benessere. Mentre i robot lavorano, gli esseri umani viaggeranno e faranno sport, rendendo questi settori un’interessante copertura a lungo termine nel portafoglio degli investitori.
In sintesi: Per UBS, vendere ora significa scendere dal treno troppo presto. La strategia vincente per i prossimi anni sarà diversificare: restare sulle Big Tech, ma puntare forte su chi fornirà l’energia per alimentarle.