Novembre 2025 – Per la prima volta in nove mesi, l’indicatore tecnico più osservato dai trader di criptovalute ha lanciato un segnale d’allarme che non si vedeva da febbraio: Bitcoin è ufficialmente in territorio di “ipervenduto”. Dopo aver toccato un massimo storico di 126.200 dollari a ottobre, la principale criptovaluta è scivolata sotto la soglia psicologica dei 90.000 dollari, bruciando circa il 30% del suo valore in poche settimane.   

Ma mentre i grafici si tingono di rosso, sotto la superficie sta accadendo qualcosa di inaspettato.

Il Segnale Tecnico: Cosa ci dice l’RSI

L’Indice di Forza Relativa (RSI) giornaliero è crollato a quota 26, ben al di sotto della soglia critica di 30. In termini tecnici, questo significa che l’asset è stato venduto con una ferocia eccessiva rispetto alla sua media recente. L’ultima volta che l’RSI ha toccato questi livelli è stato nel febbraio 2025, un evento che ha preceduto una delle corse rialziste più esplosive dell’anno. Tuttavia, il contesto odierno è diverso: non c’è l’euforia dell’halving all’orizzonte, ma un muro di incertezze macroeconomiche.   

La “Tempesta Perfetta”: Dazi e Tassi USA

Il crollo non è casuale. Le tensioni commerciali e la minaccia di politiche protezionistiche hanno riacceso la paura dell’inflazione negli Stati Uniti, in combinazione con l’assenza prolungata di dati macroeconomici dovuta allo shutdown. Di conseguenza, le speranze di un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve a dicembre si sono affievolite, spingendo gli investitori a rifugiarsi nel dollaro e nei titoli di stato, drenando liquidità dagli asset a rischio come le crypto.   

L’impatto sugli ETF Bitcoin è stato brutale: novembre ha registrato deflussi netti record per circa 3 miliardi di dollari, con giornate in cui colossi come BlackRock hanno visto ritiri superiori al mezzo miliardo in una sola seduta.   

La Grande Divergenza: Chi vende e chi compra?

Qui risiede il cuore dell’analisi. I dati on-chain rivelano una frattura netta nel comportamento degli investitori:

  • Il Retail Scappa: I piccoli investitori (“shrimp” con meno di 1 BTC) stanno vendendo in massa, spaventati dalla volatilità. Il numero di questi portafogli è sceso ai minimi annuali.   
  • Le Balene Accumulano: Al contrario, gli indirizzi che detengono oltre 1.000 BTC sono aumentati, raggiungendo i massimi degli ultimi quattro mesi. Le “mani forti” stanno approfittando del panico per accumulare asset a prezzi scontati, assorbendo la liquidità venduta dai piccoli risparmiatori e dagli ETF.   

Il Rischio dei Minatori

Un livello di prezzo da monitorare con attenzione è 94.000 dollari. Secondo JPMorgan, questo è il costo medio di produzione di un Bitcoin per i miner. Con il prezzo attuale al di sotto di questa soglia, molti minatori stanno operando in perdita. Se la situazione dovesse perdurare, potremmo assistere a una “capitolazione dei miner”, costretti a vendere le loro riserve per coprire i costi operativi, aggiungendo ulteriore pressione di vendita nel breve termine.   

Conclusioni: Occasione o no?

Siamo di fronte a un classico trasferimento di ricchezza: dal “dumb money” impaurito allo “smart money” paziente. Sebbene il segnale di ipervenduto suggerisca che un rimbalzo tecnico sia imminente (magari aiutato da una candela “hammer” di inversione apparsa recentemente a 92.000 dollari), la prudenza è d’obbligo.   

Le proiezioni di lungo termine rimangono rialziste — con istituzioni come Standard Chartered che mantengono target ambiziosi verso i 200.000 dollari per fine anno o inizio 2026 (a questo punto non più possibile) — ma la strada immediata è accidentata. Per l’investitore, questo calo rappresenta storicamente un punto di ingresso attraente, a patto di avere la stessa pazienza delle balene e la forza di ignorare il rumore di fondo dei dazi e della Fed.